domenica 25 settembre 2016

REVNION di Dario Vergari: “la recente inaugurazione, lì dove da tempo immemore avrebbe dovuto essere costruito un ponte, di un tunnel”




Spesso la letteratura anticipa la visione del futuro. Lo scrittore ha immaginato la costruzione di un tunnel sottomarino bello, sicuro, adatto non solo ai veicoli, ma anche ai pedoni e ai ciclisti, con un’aria pulita e la presenza di alberi e siepi.

Parlare di ciò a Paderno Dugnano, la Città che “non è Capri”, secondo un’illuminata espressione di Giovanni De Nicola, già assessore alla mobilità della Provincia di Milano esplicitata proprio in una Commissione Mobilità e Trasporti nel luglio del 2010 per avallare il progetto in superficie di 14 corsie, e depennando quindi ogni ipotesi di interramento.


Intanto le 14 corsie, lentamente (si pensi che l’opera doveva essere finita prima dell’apertura dell’EXPO 2015), ma inesorabilmente, avanzano.

Non solo l’assessore De Nicola, ma probabilmente anche molti cittadini non hanno pensato che si potesse fare nel nostro territorio qualcosa di così bello, come immaginato dallo scrittore. Nessuno avrà pensato a trasparenze nel passaggio sotto il fiume Seveso, ma tanti però hanno sperato nella costruzione di un normale tunnel interrato, al posto di un mare di asfalto, ponti, sopraelevate e muri mastodontici, costruzioni anacronistiche nel nostro tempo in un ambito urbano fortemente antropizzato.


REUNION di Dario Vergari
Cap. XXIX
-Silenzi-


Prese un ritaglio di giornale dallo zaino, l’articolo riguardava la recente inaugurazione, lì dove da tempo immemore avrebbe dovuto essere costruito un ponte, di un tunnel sottomarino. Il lungo budello era stato realizzato in massima parte con materiali plastici trasparenti. Un sistema di ammortizzatori idraulici avrebbe assorbito eventuali scosse telluriche in modo da rendere innocuo anche un forte terremoto. Si scrollò di dosso quel pensiero. Seguì i cartelli luminosi che indicavano l’ingresso pedonale, poco più di tre chilometri per scarpinare attraverso quel lembo di mare. Dall’esterno non sembrava niente più di un ingresso di una qualunque metropolitana, scale mobili e luci al neon. All’interno coloratissimi murales dipinti da bambini delle scuole locali abbellivano le pareti dei lunghi corridoi, era tutto un fiorire di pesci e persone che nuotavano tra gli alberi. Quando la scala mobile terminò nella cupola trasparente da dove iniziava il tunnel le cose cambiarono. La costruzione era imponente, un arcata alta quanto una casa di sei piani, illuminata a giorno da luci che scintillavano come diamanti incastonati nel blu notturno. Uno schermo televisivo circolare correva tutto intorno alle pareti, riproduceva immagini dell’intera lunghezza del tunnel, dall’ingresso fino all’uscita della parte opposta. Un sentiero di led luminosi che si snodava nel pavimento guidava i visitatori all’ingresso della galleria vera e propria, larga a sufficienza per contenere una parata militare, se ancora fossero esistite. Si incamminò guardandosi intorno affascinato. La lontana volta dello scavo lasciava intravedere le cieche acque notturne, si ripromise di tornarci di giorno per vedere che effetto faceva con il sole. La struttura del tunnel che collegava il continente all’isola era costituita da sezioni lunghe una cinquantina di passi unite tra loro da giunzioni fatte di un metallo dall’aspetto poroso, gli faceva venire in mente un bruco addormentato. Sfiorò con le dita le pareti trasparenti, erano scivolose al tatto e si increspavano lievi. La superficie sembrava liquida, quasi unta, ma non ne restava alcuna traccia sui polpastrelli. La pista pedonale affiancava quella ciclabile, accanto a queste, ma separate da una barriera dello stesso materiale viscido e trasparente, correvano le corsie per gli autoveicoli. C’erano filari di alberi e siepi e l’aria odorava di verde. Stava camminando da almeno quindici minuti, dietro di sé nient’altro che un bianco serpente translucido circondato dal blu. Una coppietta lo superò a passo di jogging salutandolo, lui in risposta gli sorrise lanciandogli un bacio. In vari punti lungo il percorso alcune lampade all’esterno del tunnel rischiaravano le acque circostanti, poteva così scorgere numerosi pesci curiosi che lo guardavano come se fosse lui, ora, quello nell’acquario. Una gioia sottile lo percorse, il futuro luminoso che fin da bambino si era immaginato era finalmente giunto

Si consiglia la lettura.

Dario Vergari, poliedrico artista pesarese, è da anni radicato nel territorio a nord di Milano.




Buona lettura!


A presto Cara Terra Mia

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